
Foto di Paul Apal’kin
Ti ho sempre soltanto veduta,
senza parlarti mai,
nei tuoi istanti piú belli.
Ma ho l’anima ormai tanto tesa,
schiantata dalla tua figura,
che non trovo piú pace
al suo brivido atroce.
E non posso parlarti,
nemmeno avvicinarmi,
ché cadrebbero tutti i miei sogni.
Oh se tale è il tremore orribile
che ho nell’anima questa notte,
e non ti conoscerò mai,
che cosa diverrebbe il mio povero cuore
sotto l’urto del sangue,
alla sublimità di te?
Se ora mi par di morire,
che vertigine folle,
che palpiti moribondi,
che urli di voluttà e di languore
mi darebbe la tua realtà?
Ma io non posso parlarti,
e nemmeno avvicinarmi:
nei tuoi istanti piú belli
ti ho sempre soltanto veduta,
sempre soltanto sognata.
Cesare Pavese
[27 dicembre 1927]
da “Prima di «Lavorare stanca», 1923-1930”, in “Cesare Pavese, Le poesie”, Einaudi, Torino, 1998
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