Il paradiso sui tetti – Cesare Pavese

Cesare Pavese – Foto Roberto Merlo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sarà un giorno tranquillo, di luce fredda
come il sole che nasce o che muore, e il vetro
chiuderà l’aria sudicia fuori del cielo.

Ci si sveglia un mattino, una volta per sempre,
nel tepore dell’ultimo sonno: l’ombra
sarà come il tepore. Empirà la stanza
per la grande finestra un cielo piú grande.
Dalla scala salita un giorno per sempre
non verranno piú voci, né visi morti.

Non sarà necessario lasciare il letto.
Solo l’alba entrerà nella stanza vuota.
Basterà la finestra a vestire ogni cosa
di un chiarore tranquillo, quasi una luce.
Poserà un’ombra scarna sul volto supino.
I ricordi saranno dei grumi d’ombra
appiattati cosí come vecchia brace
nel camino. Il ricordo sarà la vampa
che ancor ieri mordeva negli occhi spenti.

Cesare Pavese

[11-16 gennaio 1940]

da “Lavorare stanca”, Einaudi, Torino, 1998

The cats will know – Cesare Pavese

 

Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l’alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,
ci saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche,
parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.

Farai gesti anche tu.
Risponderai parole −
viso di primavera,
farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l’alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi piú non ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.
Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffriremo nell’alba,
viso di primavera.

Cesare Pavese

10 aprile 1950.

da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, Einaudi, Torino, 1951

«Tu che non sai e splendi di tanta poesia» – Cesare Pavese

 

Tu che non sai e splendi di tanta poesia
o donna che fiorisci sopra la mia agonia,
fa ch’io risorga un giorno.
O tu che sei passata nel crepuscolo immondo
di tutti noi e sorgi come l’alba d’un mondo
fa ch’io risorga un giorno.

Cesare Pavese

[aprile 1928]

da “Prima di «Lavorare stanca» 1923-1930”, in “Cesare Pavese, Le poesie”, Einaudi, Torino, 1998

You, wind of March – Cesare Pavese

Édouard Boubat, Lella, 1948

 

Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
sulla terra nuda –
il tuo brivido dura.
Sangue di primavera
– anemone o nube –
il tuo passo leggero
ha violato la terra.
Ricomincia il dolore.

Il tuo passo leggero
ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
sotto povero cielo,
era immobile e chiusa
in un torpido sogno,
come chi piú non soffre.
Anche il gelo era dolce
dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
la speranza taceva.

Ora ha una voce e un sangue
ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
sono un brivido forte,
la speranza li torce,
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
il tuo fiato d’aurora.
Sangue di primavera,
tutta la terra trema
di un antico tremore.

Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
sei passata leggera
come rondine o nube,
e il torrente del cuore
si è ridestato e irrompe
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose –
e le cose, nel cielo e nel cuore
soffrono e si contorcono
nell’attesa di te.
È il mattino, è l’aurora,
sangue di primavera,
tu hai violato la terra.

La speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero.

Cesare Pavese

25 marzo 1950.

da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, Einaudi, Torino, 1951

«Ogni giorno che passa è un riandare» – Cesare Pavese

Pol Ledent, Red poppies and cornflowers in Houroy

 

Ogni giorno che passa è un riandare
tutta la storia grigia della vita.

Una donna che appena mi ha parlato
mi ha messo in cuore come un gran germoglio
gonfio di gioia.

È una gioia vedere tanti rami
verdissimi nel vento e tanti fiori
prepotenti, sboccianti, è una gran gioia
perché nel sangue pure è primavera.

Cesare Pavese

[17 aprile 1929]

da “­Prima di «Lavorare stanca» (1923-1930)”, in “Le poesie”, Einaudi, Torino, 1998