«Scrivere come sai dimenticare» – Pierluigi Cappello

Foto di Maria Cecilia Camozzi

 

Scrivere come sai dimenticare,
scrivere e dimenticare.

Tenere un mondo intero sul palmo
e dopo soffiare.

Pierluigi Cappello

da “Dedica a chi sa”, in “Mandate a dire all’imperatore”, Crocetti Editore, 2010

Una rosa – Pierluigi Cappello

Foto di Maria Cecilia Camozzi

 

Che cos’è quella rosa sul tavolo
ferma nella sua freschezza come un lago alpino
alta nel suo silenzio piú del fragore
dei quotidiani affastellati lí accanto
piú del disordine dei notiziari,
la concitazione delle chiavi di casa.
Che cos’è questa parola verdeggiante d’amore
se non il suolo dove lasciarsi cadere
la penombra di un bosco da attraversare
e la mano che si apre e prende la mia
e mi conduce a me.

Pierluigi Cappello

da “Mandate a dire all’imperatore”, Crocetti Editore, 2010 

Le notti calde e gli alisei – Pierluigi Cappello

 

Libro e libero sono una cosa
e non c’è distanza che non sia desiderare
non esiste fantasia che non liberi distanza,
oscurano il cielo le murate delle navi
e gli occhi vedono azzurri mai uditi
se un bambino dalle pagine dei libri
li legga stampati e chiari per la prima volta.

Cosí anch’io ho incontrato il mio Pequod
e ho visto arrampicarsi fino al cielo
le lamiere del Batavia
e ho imparato leggendo gli economici di Hemingway
che se un viaggio dura dalla seggiola di casa
alla scorza di un tiglio solitario
non c’è metro che possa misurarne
l’eternità della distanza.

Esistono baie, conforti, fiordi di sonno nascosti
mappe che sono segnate soltanto
nel calore che c’è dietro due occhi
e rade dove saldi si alzano i desideri
finché non scivolerà via dai sogni
l’impronta di quei sogni,
le notti calde e gli alisei.

Pierluigi Cappello

da “Dentro Gerico”, 1998-2002, in “Assetto di volo”, Crocetti Editore, 2006

Interno giorno – Pierluigi Cappello

Foto di Maria Cecilia Camozzi

 

Per dire che cosa mi tengo
per dire che cosa, leggendo
uno spartito che trattenga il cielo
alto, sempre alto, per ogni pagina ascoltata
dentro il fumo
dentro ogni gola pietrificata
qui, dove non volevo
dentro il rumore di prima
il rumore di dopo
dove sempre ci si ritrova
quanto un vento, un contorno
dopo che non si è capito
e qualcosa come uno stormo si stacca
in fuga dall’incendio
una nota, dai vetri, una voce
il breve sussurrare dei poeti.

Pierluigi Cappello

da “Assetto di volo”, Crocetti Editore, 2006

Segnassero una strada queste righe azzurrine – Pierluigi Cappello

 

Segnassero una strada queste righe azzurrine,
la pulizia tracciata sul quaderno,
da qui a lì, da sinistra a destra,
con l’inizio prima della fine;
invece niente, solo una neve alta, incalcolabile
in mezzo ai boschi, neanche un punto
e a capo, un cippo che dica qui comincio io.

Pierluigi Cappello

Cassacco, agosto 2017

da “Un prato in pendio”, Rizzoli, 2018