A nord di San Francisco – Yehuda Amichai

Yehuda Amichai, Photo by Dan Porge

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui molli le colline toccano il mare
come s’incontrano due eternità.
E le mucche che pasturano lassú
ci ignorano, come fossero angeli.
Anche il maturo aroma di melone in cantina
profetizza la quiete.

Il buio non combatte con la luce
ma ci spinge avanti
verso altra luce, e l’unico dolore
è quello di non restare.
Nella mia terra che vien detta santa
non permettono mai all’eternità
di essere eterna:
l’hanno divisa in piccole fedi
frazionata in territori di Dio
sminuzzata in schegge di Storia
acuminate che feriscono a morte.
Delle sue quiete lontananze hanno fatto
prossimità che freme di pena del presente.

A Bolinas, sulla spiaggia, ai piedi
dei gradini di legno
vidi fanciulle dalle natiche nude
sul ventre stese nella sabbia ebbre
di regno sempiterno,
e le anime in loro come porte
si aprivano e chiudevano,
si aprivano e chiudevano nel ritmo
della risacca.

Yehuda Amichai

(Traduzione di Ariel Rathaus)

da “Una grande tranquillità: domande e risposte” (1980), in “Yehuda Amichai, Poesie”, Crocetti Editore, 1993

Invece di parole – Yehuda Amichai

Zinaida Serebriakova, At the Dressing-Table, 1909

 

Il mio amore ha una veste bianca e lunghissima
di sonno, d’insonnia e di nozze,
va a sedersi la sera a un tavolino
sopra cui posa un pettine, due fiale,
una spazzola, invece di parole.
Dagli abissi della chioma pesca
molte forcine e poi le mette in bocca, invece di parole.

La scompiglio, lei si pettina,
nuovamente scompiglio. Poi che resta?
Lei si addormenta invece di parole,
e il suo sonno ormai mi conosce,
scodinzola con la sua coda di sogni lanosi,
il suo ventre s’è impregnato facilmente
di tutte le funeste profezie
della fine dei tempi.

Io la sveglio: siamo gli umili
strumenti di un difficile amore.

Yehuda Amichai

(Traduzione di Ariel Rathaus)

da “E non per ricordare” (1971), in “Yehuda Amichai, Poesie”, Crocetti Editore, 1993

Elegia – Yehuda Amichai

Yehuda Amichai, Photo by Dan Porge

 

Non verrà il vento a disegnar sorrisi
sulla sabbia dei sogni. Sarà impetuoso il vento.
E vanno gli uomini senza fiori,
non come in sagre del raccolto i loro figli.
E pochi vincono e molti gli sconfitti,
che sfilano sotto l’arco dell’altrui trionfo
dove ogni cosa è in rilievo come i fregi sull’Arco di Tito,
il caldo letto amato, la fedele pentola corrosa,
e il candelabro, non quello a sette braccia, quello
semplice e buono, che non tradí neppure nelle notti d’inverno,
e il tavolo, domestico quadrupede che tace…
E li portano nei circhi a battersi con le belve,
e vedono teste nell’arena che li guardano
e come le lacrime dei loro figli il loro
coraggio è senza fine, superfluo e senza fine.
E nella tasca posteriore hanno fruscianti missive
e i vincitori gli mettono in bocca le parole
e se cantano, non è quello il loro canto,
e i vincitori li riempiono di rimpianti
come grossi pani da infornare,
ed essi col loro amore li cuociono
e i vincitori mangeranno il pane caldo, non loro.

Ma un po’ di amore gli resta addosso
come su antichi cocci i disegni primitivi:
la linea a tondo della prima, umile emozione,
e un ghirigoro di sogni,
e poi due linee parallele,
il reciproco amore,
o un minuscolo motivo floreale, memoria
di un’infanzia dagli alti steli e dalle gambe magre.

Yehuda Amichai

(Traduzione di Ariel Rathaus)

da “Adesso nel rumore (1963-1968)”, in “Yehuda Amichai, Poesie”, Crocetti Editore, 1993

«Mi ha assalito un’acre nostalgia» – Yehuda Amichai

Foto di Ferdinando Scianna

 

Mi ha assalito un’acre nostalgia,
come la gente d’una vecchia foto che vorrebbe
tornare con chi la guarda, nella buona luce della lampada.

In questa casa, penso a come l’amore
in amicizia muta nella chimica
della nostra vita, e all’amicizia che ci rasserena
vicini alla morte.
E quanto è simile ai fili sparsi la nostra vita
che piú non sperano di tessersi in altro ordito.

Giungono dal deserto voci impenetrabili.
Polvere che profetizza polvere. Passa un aereo e ci chiude
sotto la lampo di un grosso sacco di destino.

E il ricordo di un viso amato di ragazza
trascorre per la valle, come quest’autobus notturno: molti
finestrini illuminati, molto viso di lei.

Yehuda Amichai

(Traduzione di Ariel Rathaus)

da “Il tempo”, 1978, in “Yehuda Amichai, Poesie”, Crocetti Editore, 1993

Sguinzagliare ricordi – Yehuda Amichai

Foto di Grit Siwonia

 

In questi giorni penso al vento fra i tuoi capelli,
agli anni che fui nel mondo prima di te
e all’eternità che prima di te andrò a incontrare,

ai proiettili che non mi uccisero in battaglia
ma uccisero i miei amici,
di me migliori perché
non vissero oltre come me,
penso a te nuda davanti al fornello d’estate,
sul libro curva per leggere meglio
nella luce morente del giorno.

Vedi, abbiam vissuto piú di una vita,
ora dobbiamo pesare ogni cosa
sulla bilancia dei sogni e sguinzagliare
ricordi che divorino ciò che fu il presente.

Yehuda Amichai

(Traduzione di Ariel Rathaus)

da “Yehuda Amichai, Poesie”, Crocetti Editore, 1993