
Gino De Dominicis, video di Gerry Schum
Nel sole della sera, sconosciuto
a sé e agli altri andava il fanciullo:
non era muto e non parlava: era
vicino alla città – perduta o ritrovata? –,
i rovi aumentavano e gli sterpi
sotto il suo passo incerto, l’occhio fisso.
«Che cosa trovi che non cerchi mentre
coi raggi occidui del sole ti inerpichi
sulle sue mura?»
Sono anch’esse cerchi
sull’acqua come quando affonda il sasso
gettato sulla calma dello specchio
dal fanciullo nella sua età giocosa,
ma non è più trastullo
ciò che la vita ora gli dice: «Osa!».
E mentre credi di inoltrarti e fai
solecchio con la mano per scrutare
più a fondo tutto intorno l’orizzonte,
vi affondi, ma si allarga intorno a te
il grande abbraccio circolare. Guarda,
guarda ancora una volta nell’oscura
vanità della porta se c’è ancora
chi ti attende, mentre intanto scende
dalle mura anche il sole a poco a poco.
Non entrerà al tuo posto che un uomo
oscuro verso una figura che,
luminosa nel buio, non attende
altro che il farsi lentamente notte.
È oscuro a se stesso, dalle bende
cinto, risuscitato dalla morte.
Gli è a lato solo il profumo di un fiore.
Ciò che è stato, ormai più non sarà.
Della vita aveva sbocconcellato
solo qualcosa che chi chiama amore
ora ne va cercando anche le briciole,
quasi raggi di sole penetrati
tra crepa e crepa entro quelle alte mura.
Il sole che si era fatto cullare
dalle onde amare del Tirreno insieme
al corpo solare del fanciullo, ora
anche il sole ha paura, si nasconde
o vuole penetrare più a fondo
nell’avventura inclita del mondo?
Piero Bigongiari
28 luglio 1991
da “Tra favola e storia”, in “Dove finiscono le tracce” (1984-1996), Le Lettere, Firenze, 1996