
Foto di Patty Maher
Col passare degli anni
si moltiplicano i giudici che ti condannano;
col passare degli anni parli con sempre meno voci,
vedi il sole con occhi diversi;
sai che quanti rimasero ridevano di te,
il delirio della carne, la bella danza
conclusasi in nudità.
Come, di notte, svoltando nella strada solitaria
vedi brillare a un tratto gli occhi di un animale
subito spariti, così avverti i tuoi occhi;
guardi il sole, e poi ti perdi nel buio;
la tunica dorica
che si fletteva come i monti sotto le tue dita
è un marmo nella luce, con la testa nel buio.
E quanti lasciarono la palestra per impugnare gli archi
e colpirono il maratoneta tenace –
lui vide gli spalti navigare nel sangue
il mondo svuotarsi come la luna
e appassire i giardini della vittoria;
li vedi nel sole, dietro il sole.
E i ragazzi che si tuffavano dai pennoni
cadono giù come fusi che ancora filano,
corpi nudi che affondano nella luce nera
con l’obolo tra i denti, e nuotano ancora,
mentre il sole cuce con gugliate d’oro
vele, legni fradici e colori marini;
ancora adesso vanno giù obliqui
verso i ciottoli del fondo
i lèkythi bianchi.
Luce angelica e nera,
risa di onde sulle vie del mare aperto,
risa lacrimose,
il vecchio supplice ti vede
mentre varca il lastricato invisibile
luce riflessa nel suo sangue
che ha generato Eteocle e Polinice.
Giorno angelico e nero;
il gusto salmastro della donna che avvelena il prigioniero
esce dall’onda, rametto fresco ricamato di stille.
Canta, piccola Antigone, canta, canta…
Non ti parlo del passato, parlo dell’amore;
orna i capelli con gli spini del sole,
fanciulla oscura;
il cuore dello Scorpione è tramontato,
è fuggito il tiranno ch’era nell’uomo,
e tutte le figlie del mare, le Nereidi, le Graie
accorrono al luccichìo della dea che emerge;
chi non ha mai amato amerà,
nella luce;
e tu sei
in una grande casa con molte finestre aperte
corri di stanza in stanza, e non sai dove guardare prima,
perché svaniranno i pini, i monti riflessi e il cinguettìo degli uccelli,
si vuoterà il mare, frantumi di vetro, da nord a sud,
i tuoi occhi si vuoteranno della luce del giorno
come a un tratto tacciono tutte insieme le cicale.
Ghiorgos Seferis
Poros, “Serenità”, 31 ottobre 1946
(Traduzione di Nicola Crocetti)
da “Tordo”, 1947, in “Ghiorgos Seferis, Le poesie”, Crocetti Editore, 2020