
Josef Sudek, Untitled, 1922
Un ruscello montano si contorce,
gelida lucertola di vetro.
E le colline sono ricoperte
d’una pellegrina arlecchinesca.
Stanca luce d’ottobre. Il sole diafano
ammicca come un fantoccio di paglia.
Gli alberi dalla parrucca rossastra
stendono al vento camicie giallicce.
Come un’onda nebbiosa sul cuore,
dissolvendosi come nell’acqua,
con un costume di scaglie di pesce
giunge, mesto, un mazurek di Chopin.
Il paesaggio s’infila nei tunnel
come dentro una camera oscura,
per uscirne stillante di colori.
Faggi vinosi, betulle giallicce
sprizzano dalla terra come fiamme
di un estremo fuoco d’artifìcio.
Sale asmatico il treno nella chiara,
cristallina giornata di ottobre.
Piccole foglie pendono dai rami
come gocciole gialle, come lacrime
sotto le nere nuvole di fumo
d’una stanca, stridente vaporiera.
Come un’onda nebbiosa sul cuore,
dissolvendosi come nell’acqua,
con un costume di nastrini d’oro
giunge, mesto, un mazurek di Chopin.
Prima di Leoben, a destra del treno,
con le sue mani rossicce la luna
carezza la schiena felpata dei monti.
Una corrente di notturno gelo
soffia dentro l’imbuto del vagone.
Si rattrista lo sguardo, si frantuma
nelle luci luttuose dei villaggi
e nei vacillanti barlumi
che i vagoni gettano sui campi.
Come un’onda nebbiosa sul cuore,
dissolvendosi come nell’acqua,
con un costume di raggi di luna,
soffocato dal rombo delle ruote
piange e implora un mazurek di Chopin.
Angelo Maria Ripellino
da “Versi inediti e rari”, in “Poesie prime e ultime”, Torino, Aragno, 2006