«Transvaal, Transvaal, terra mia,
tutta tu bruci di altissime fiamme…»
Cosí cantava, e sugli sci del vento
si perdette la voce. Fra i pini
angolosa come un poliedro era la luna,
con occhi di pesce malato.
«Transvaal, Transvaal» cantava per nessuno,
per se stesso, per tutti, per nulla.
E non sapeva se chi sa né come
e perciò non sapendo cantava.
Tutto avviene cosí. Le lunghe nuvole
distendono la coda di pavone
con occhietti di stelle. E la vita
goccia malinconia, mentre l’amore
vuol ritornare al primo giorno, al primo
sguardo che riempie di brividi.
«Transvaal, Transvaal» cantava. Nome vano
come «felicità», come «amore», come ogni
parola dolce che affligge e tortura,
perduta nel fondo della memoria,
dietro montagne di verde cristallo,
dietro bottiglie di mare spumoso,
dietro alberi di lacrime.
Angelo Maria Ripellino
da “Non un giorno ma adesso”, Roma, Grafica, 1960