Torre di Arnolfo – Piero Bigongiari

Foto di Silena Lambertini

 

È vero questo scendere del fiume
è vera l’acqua, la mota, la luce
immota sul perpetuo suo sottrarsi
come nell’illusione, orma, un pensiero.
Dove ti appoggi, piú non trovi uguale
alla carezza l’impeto, all’ardore
la fiamma: e nel crollare dei tizzoni
è larva che consegna a verità
l’antico sforzo ed il futuro, l’essere
che è al non essere che non è:
che non è uguale, ma che è uguale.
E v’è patto tra questa andante tenebra
nella luce e il ritornare tenebra
della luce: cosí lontana a riva
trova fermezza al suo rancore.

                                                        Chi
ha gridato non ha gridato invano
ed il sangue versato, cancellato
dalla ruota che tritura del tempo,
attende in vasi colmi nei cellieri
vietati all’uomo ma che l’uomo tenta
di aprire – ladro o vindice, non sa –
giustizia.

               Per giustizia sono morti
i vivi che credevan di pensare
– non si vive se non pensando, ha detto
chi ha seguito il disegno nella trama –
ed avanzano in uno stesso tempo
incerto e consegnano a un morto che vive
parole, sangue, lacrime: il sapore
dell’illusione su cui troppo grava
– troppo vivo – il pensiero che leva orma
dietro orma tra l’uno e l’altro polo.
Se chi t’apre la porta è solo un morto.

Io qui ti attendo, solo in questa piazza,
risalgo il fiume, torno indietro, attendo
qui dove anche se non vieni sei:
sotto la mole d’una torre che
leva od aggiunge, non so, al tempo le ore:
grigia vuole la luce febbrile della sera.

Piero Bigongiari

2 marzo ’59

da “Torre di Arnolfo”, “Lo Specchio” Mondadori, 1964

Rispondi

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.