
Emilio Sommariva, Hands, 1935
LXXXIX
Quando morrò voglio le tue mani sui miei occhi:
voglio che la luce e il frumento delle tue mani amate
passino una volta ancora su di me la loro freschezza:
sentire la soavità che cambiò il mio destino.
Voglio che tu viva mentr’io, addormentato, t’attendo,
voglio che le tue orecchie continuino a udire il vento,
che fiuti l’aroma del mare che amammo uniti
e che continui a calpestare l’arena che calpestammo.
Voglio che ciò che amo continui a esser vivo
e te amai e cantai sopra tutte le cose,
per questo continua a fiorire, fiorita,
perché raggiunga tutto ciò che il mio amore ti ordina,
perché la mia ombra passeggi per la tua chioma,
perché così conoscano la ragione del mio canto.
Pablo Neruda
(Traduzione di Giuseppe Bellini)
da “Cento sonetti d’amore”, Passigli Poesia, 1996
∗∗∗
LXXXIX
Cuando yo muera quiero tus manos en mis ojos:
quiero la luz y el trigo de tus manos amadas
pasar una vez más sobre mí su frescura:
sentir la suavidad que cambió mi destino.
Quiero que vivas mientras yo, dormido, te espero,
quiero que tus oídos sigan oyedo el viento,
que huelas el aroma del mar que amamos juntos
y que sigas pisando la arena que pisamos.
Quiero que lo que amo siga vivo
y a ti te amé y canté sobre todas las cosas,
por eso sigue tú floreciendo, florida,
para que alcances todo lo que mi amor te ordena,
para que se pasee mi sombra por tu pelo,
para que así conozcan la razón de mi canto.
Pablo Neruda
da “Cien sonetos de amor”, Buenos Aires: Losada, 1960
L’ha ribloggato su sovrasenso bisbigliato .
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Sempre un piacere leggere Neruda.
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Che balsamo al cuore ogni volta che leggo Neruda, grazie.
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