Hotel Artaud – Milo De Angelis

Foto di Paul Apal’kin

 

Mi saluti, ti rimetti il reggiseno, senti
che puoi smarrire il codice terrestre, demolire
il nucleo, precipitare nel buio. Vai verso la doccia.
Ricordi un nove e ottanta a corpo libero,
una primavera della pelle, una diagonale perfetta.
Dall’incubo estrai una forcina, ti aggiusti
i capelli, indossi la cuffia, chiedi soltanto
di essere risparmiata.

*

Noi qui, separati dai nostri gesti. Tu blocchi
il flusso dei secondi con un gemito. Componiamo
l’antica rima e subito cadiamo. Le pareti
restano lì, macchiate di rimmel.
L’angelus dell’alba ti guarda, nuda e taciturna.
Oscilla nel respiro la chiave. Ogni porta,
ogni lampadina, ogni spruzzo della doccia dicono
che si è rotta l’alleanza.

*

Ti alzi e ti tuffi, vuoi inghiottire la vita
e invochi il fiore della luna, il grande
osanna oscuro che dà tutto il piacere
agli amanti. Invochi l’unisono dei corpi
e la scintilla risorta, il sangue in tumulto,
le spalle nell’assoluto. Fuori, macchie di gasolio,
cavi sospesi, pezzi di requiem. Ne senti la minaccia
fino allo stridere delle lenzuola. Mi chiedi
se giungeranno qui, se noi potremo ancora salvarci.

*

Negli estremi atti di forza, nelle labbra sensitive,
nell’impeto che non si fa parola, ti cerchi
e ti consumi, affiori, graffi, ti aggrappi
urlando che questo è il bene eterno, che le stelle
s’incendiano sulla fronte, che rimarremo
qui per sempre. Ti rispondo che ogni dimora
si allontana da chi l’abita, che è la nostra
ultima recita.

*

Divina e distratta, sospinta da una lieve brezza,
ti sdrai, giochi con le lenzuola, ti atteggi,
sussurri, imiti movenze, ripeti che la notte
è incantevole a Brera. Ogni silenzio è dissolto,
tutto parla una lingua di merletti e sceneggiati,
un astuto sortilegio, un assolo che finisce
sul bordo degli hot pants.

*

Ci siamo presi, volti affannati e circospetti,
sopra una piastrella, misurando il respiro,
controllando le impronte digitali, baciando
la gola che si arrende, le ginocchiere
di una gara, il kimono, le spalle vinte, suono
dell’attimo scordato, la certezza di avere
sbagliato la traduzione.

*

Quando su un volto desiderato si scorge il segno
di troppe stagioni e una vena troppo scura
si prolunga nella stanza, quando le incisioni
della vita giungono in folla e il sangue rallenta
dentro i polsi che abbiamo stretto fino all’alba,
allora non è solo lì che la grande corrente
si ferma, allora è notte, è notte su ogni volto
che abbiamo amato.

Milo De Angelis

da “Tema dell’Addio”, “Lo Specchio” Mondadori, 2005

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