
Foto di Chris Felver
Mi cola inchiostro dagli angoli della bocca.
Non c’è contentezza come la mia.
Ho mangiato poesia.
La bibliotecaria pensa di avere le traveggole.
Ha gli occhi afflitti
e cammina con le mani tra le pieghe del vestito.
Le poesie sono svanite.
La luce è fioca.
I cani sono sulle scale della scantina e salgono.
Roteano gli occhi,
le zampe bionde bruciano come stoppie.
La povera bibliotecaria comincia a battere i piedi e piange.
Non capisce.
Quando mi inginocchio e le lecco la mano,
urla.
Sono un uomo nuovo.
Le ringhio contro e abbaio.
Faccio le feste felice nel buio libresco.
Mark Strand
(Traduzione di Damiano Abeni)
da “Motivi per muoverci”, 1968, in “L’uomo che cammina un passo avanti al buio”, Mondadori, Milano, 2011
∗∗∗
Eating Poetry
Ink runs from the corners of my mouth.
There is no happiness like mine.
I have been eating poetry.
The librarian does not believe what she sees.
Her eyes are sad
and she walks with her hands in her dress.
The poems are gone.
The light is dim.
The dogs are on the basement stairs and coming up.
Their eyeballs roll,
their blond legs burn like brush.
The poor librarian begins to stamp her feet and weep.
She does not understand.
When I get on my knees and lick her hand,
she screams.
I am a new man.
I snarl at her and bark.
I romp with joy in the bookish dark.
Mark Strand
da “Reasons for Moving”, 1968, Atheneum, 1977
significativo lo scivolamento implacabile nella visione, che è al contempo materia che si stringe tra le mani come l’inchiostro che, dalle pagine, ci rincuora la vita.
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