Elegia di Portland Road – Cristina Campo

 

Cosa proibita, scura la primavera.

Per anni camminai lungo primavere
più scure del mio sangue. Ora tornano sul Tamigi
sul Tevere i bambini trafitti dai lunghi gigli
le piccole madri nei loro covi d’acacia
l’ora eterna sulle eterne metropoli
che già si staccano, tremano come navi
pronte all’addio…

                          Cosa proibita
scura la primavera.

Io vado sotto le nubi, tra ciliegi
così leggeri che già sono quasi assenti.
Che cosa non è quasi assente tranne me,
da così poco morta, fiamma libera?

(E al centro del roveto riavvampano i vivi
nel riso, nello splendore, come tu li ricordi
come tu ancora li implori).

Cristina Campo

da “Poesie Sparse”, in “Cristina Campo, La Tigre Assenza”, Adelphi Edizioni, 1991

Poeta cieco – Lawrence Ferlinghetti

Da eseguire bendati e con un bastone

Io sono un poeta cieco
Io sono il vostro poeta e pittore cieco
pieno di espressioni e immagini fantastiche
Sto dipingendo il paesaggio della mia anima sottomessa
e dell’anima del genere umano
per come la vedo io
Le sto dando voce
Sto cantando canzoni popolari
sulle oppresse masse
e sui ricchi dalle chiappe grasse
Io sono il pittore che sente
con le dita
Io sono il poeta visionario cieco
Io vedo quello che voi non vedete
Io mangio bene e bevo bene
e sogno i grandi poemi epici
Io sono il vostro artista multimediale
postmoderno oltremoderno
Io sono il più avan- dell’avanguardia
Io sono site-specific e assolutamente concettuale
Perfino i massimi critici sono rimasti sconcertati
dalla mia profondità
Una volta ho incontrato Andy Warhol
E sono andato a letto con voi sapete chi
E sono un uomo che parla veloce
il vostro poeta dalla lingua decostruita
il vostro poeta stratosferico
pieno di estasi e visioni
il vostro nomade poeta da gruppo di scrittura creativa
il vostro irsuto poeta da università
professore ordinario
il vostro più silenzioso poeta buddista
Io mi faccio tournée di letture di poesia
spesato da cima a fondo
Io sento tutto
ed è pane per i miei denti
Lo uso fino in fondo
per fare grande poesia sonora
o grande poesia concreta
impenetrabile per chiunque
La vita è un sogno reale
e io lo sto sognando
E ho tutto nella testa
il Cantico dell’Umanità
e il Cantico della Disumanità
Vi dipingerò un quadro profondo
un quadro d’azione
un quadro gestuale
nient’altro che puro gesto
Vi scriverò una poesia stratosferica
sulla gente comune
Se mi tolgo la maschera
vedrò il mondo reale
per la prima volta
Ma non me la tolgo
Mi si adatta troppo bene
Alla perfezione
È troppo comoda
E devo pensare alla mia carriera
pensare alla mia vita
Si vive una volta sola
e vivere benissimo è la miglior vendetta
Trovatevi la vostra benda per gli occhi
La mia non ve la do
Dovrete affrontare il mondo senza
E ad ogni modo sono troppo giovane per morire
Io sono Americano
e gli Americani non muoiono
Noi siamo i conquistadores
Siamo i nuovi imperatori romani
Stiamo conquistando il mondo
È l’impero invisibile
del sorridente capitalismo rapace
E la democrazia è il capitalismo
Niente più poveri
Niente più gente che muore di fame
Niente più masse accalcate nel nostro impero
La marea montante tiene su tutte le barche
Sempre che ce l’abbiate, una barca

Lawrence Ferlinghetti

(Traduzione di Damiano Abeni)

da “Scoppi urla risate”, SUR, 2019

∗∗∗

Blind poet

Performed with a blindfold and a cane

I am a blind poet
I am your blind poet and painter
full of fantastic phrases and images
I am painting the landscape of my bent soul
and the soul of mankind
as I see it
I am giving it a voice
I am singing folk songs
about the downtrodden masses
and the rich on their fat asses
I am the painter who feels
with his fingers
I am the blind seeing-eye poet
I see what you can’t see
I eat well and drink well
and dream of great epics
I am your postmodern pastmodern
multimedia artist
I am the most avant of the avant
I’m site-specific and totally conceptual
Even the greatest critics have been baffled
by my profundity
I once knew Andy Warhol
And I’ve slept with you know whom
And I’m a fast-speaking man
your deconstructed language poet
your far-out poet
full of ecstasies and visions
your wandering workshop poet
your hairy university poet
with tenure
your buddhist quietest poet
I go on poetry reading tours
where everything is paid for
I hear everything
and it’s grist to my mill
I use it all
to make great sound poetry
or great concrete poetry
that no one can see through
Life is a real dream
and I am dreaming it
And I’ve got it all in my head
the Song of Humanity
and the Song of Inhumanity
I’ll paint you a profound picture
an action painting
a gestural painting
nothing but pure gesture
I’ll write you a far-out song
of common people
If I take off my mask
I’ll see the real world
for the first time
But I won’t take it off
It fits too well
It’s a perfect fit
It’s too comfortable
And I’ve got my career to think of
my life to think of
We only live once
and living very well is the best revenge
Get your own blindfold
You can’t have mine
You’ll have to face the world without it
And anyway I’m too young to die
I’m an American
and Americans don’t die
We’re the conquerors
We’re the new roman emperors
We’re conquering the world
It’s the invisible empire
of genial vulture capitalism
And democracy is capitalism
No more poor people
No more starving and dying
No more huddled masses in our empire
The rising tide lifts all boats
If you’ve got a boat

Lawrence Ferlinghetti

da “Blasts Cries Laughter”, New Directions Publishing, 2014

Poiein – Pierluigi Cappello

Foto di Danilo De Marco

 

Tu sei di qui, di questo mondo
l’ombra delle tue dita si stampa
sul candido del foglio, la punta della penna;
stai dentro le parole, stai ogni giorno dentro le parole
nella forma delle cose mentre le si osserva
e ogni forma diventa una forma di tristezza
il tuo lungo ingresso alla cenere.

Rimetta a noi i nostri cieli la parola aggiustata,
un segnale nutrito dal lampo nel poco di nessun conto
nel conto dei giorni vissuti senza cura
e abbracci, ma senza abbagliare,
ogni minuto preso dal vento
e il presente di queste mani
come se fosse eterno.

Pierluigi Cappello

da “Mandate a dire all’imperatore”, Crocetti Editore, 2010

«Linea come capelli vivi» – Nelly Sachs

Nelly Sachs, fotografata da Anna Riwkin (1960)

11
Stoccolma, 11.9.1958
ma anche senza data e in tutt’altro luogo

Linea come
capelli vivi
tracciata
oscurata nella morte-notte
da te
a me.

Scortata
per uscire
sono china in avanti
avida
di baciare la fine delle lontananze.

La sera getta oltre il rosso
il trampolino della notte
prolunga la tua lingua di terra
e io esitando
appoggio il mio piede sulla corda vibrante
della morte già iniziata –

Ma così è l’amore!*

 

Miei cari amici Giselle¹ e Paul Celan,
sì, è stata proprio una fortuna sapere da Lenke,² una donna così vicina al mio cuore, di voi, che da tempo ormai, al di là di ogni possibile domicilio reale, siete intimamente legati a me. Lei era così colma di felicità per quell’incontro. Ah, voi esseri amati, questi sono i raggi invisibili che ci sostengono, che ci permettono di sapere gli uni degli altri valicando ogni distanza. Mi è giunto, carissima amica Giselle (il nome è giusto?), il meraviglioso foglio³ che nella sua purezza, e per l’intimo rapporto che s’instaura tra le linee, regala ai miei occhi un prezioso punto di quiete. Oggi farò tagliare, per l’acquaforte, una sottile cornice di rame grigio argento. Lo accarezzo con lo sguardo e desidero così ogni volta dirLe il ringraziamento del mio cuore.
Qui abbiamo trascorso un periodo di grande inquietudine per un giovane comune amico, Peter Hamm. La sua psiche aveva subìto un vero tracollo. Mi sono rivolta, allora, al suo editore, il signor Neske. Nella nostra epoca pietrificata è sempre un dono divino imbattersi in una persona che si lasci attraversare dalla sofferenza e dall’amore fin nell’ultima, straziante estremità del proprio essere. È stata forse da voi Brigitta Trotzig, anche lei un’estasiata?

Gisèle Celan-Lestrange, “Présence – Gegenwart” (1956)

Moltissimi saluti e auguri da Lenke. Presto scriverà di persona.
Come possiamo mai rispondere al vostro amore? Sempre e ancora e ancora con amore!

Vostra
Nelly S.

da “Paul Celan, Nelly Sachs, Corrispondenza”, Giuntina, 2018

A cura di Barbara Wiedemann. Edizione italiana a cura di Anna Ruchat.

¹La grafia anomala del nome Gisèle Celan-Lestrange (cfr. la domanda nella lettera stessa) per molto tempo non viene corretta da Nelly Sachs.
²Lenke Rothmann.
³L’acquaforte di Gisèle Celan-Lestrange, che Lenke Rothmann aveva portato da Parigi, è del 1956 e reca il titolo Présence – Gegenwart (25 x 23, tiratura 25); si tratta di una prova d’artista con una dedica di mano dell’artista con le parole «pour Nelly Sachs».

∗∗∗

«Linie wie»

Pubblicata per la prima volta in: «Merkur», Stuttgart, 1 / 1959, pp. 40 sg.
G I 308, Flucht und Verwandlung
Lettera n. 11

* Linie wie / lebendiges Haar / gezogen / todnachtgedunkelt / von dir / zu mir // Gegängelt / außerhalb / bin ich hinübergeneigt / durstend / das Ende der Fernen zu küssen. // Der Abend wirft das Sprungbrett / der Nacht über das Rot / verlängert deine Landzunge / und ich setze meinen Fuß zagend / auf die zitternde Saite / des schon begonnenen Todes. // Aber so ist die Liebe!

Nelly Sachs

da “Briefwechsel”, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1993

Donne e sguardi – Valentino Zeichen

Foto di Marta Bevacqua

I

L’occhio del mio primo amore
mi fissava e inverdiva per gradi;
io gli corrispondevo arrossendo,
misi del tempo a comprendere che
si trattava di quello magico
del mio apparecchio radio,
impareggiabile Mende;
se al posto di uno solo
ne avesse avuti almeno due,
avrei dovuto ricorrere all’analisi
per farmi smagnetizzare
dal loro incantesimo.

* * *

II

Arbitro un dialogo tra donne,
ma nulla pare meno estraneo
del pretestuoso soggetto che
forzatamente le intrattiene.
La più adusa alla scaltrezza
si sgancia dal finto argomento
e inserisce la conversazione automatica
fatta di monosillabi e finti assensi;
l’altra si prodiga ingenuamente
avendo nella bellezza fisica
una dimostrazione inconfutabile;
mentre uno sguardo retrostante
la sviscera anatomicamente
con sottintesi carichi di turpiloquio.

* * *

III

Se fossi capace d’emulazione
guarderei le donne
con gli occhi delle loro sorelle;
carpirei qualche risibile segreto
che in presenza degli uomini:
queste e quelle sanno
nascondere nell’impensabile;
in ciò, simili alla natura,
esse non si curano
di trovargli un nome.

* * *

IV

Le donne si guardano in cagnesco
incuranti dell’infinito che svanisce
oltre la dogana dell’orizzonte.
Prima si gettano polvere negli occhi
poi affiorano le vere munizioni
che mettono fine alla tregua;
s’infilzano l’una con l’altra
con le invisibili frecce
dalle velenose allusioni:
pur nelle reciproche offese
una simpatia naturale le unisce.

* * *

V

La puerilità degli sguardi maschili
partisce i corpi femminili
in lucrosi dettagli, che
nelle fantasie erotiche
sprovviste di senso estetico,
si gonfiano a dismisura.
Tale pratica oscena ci accomuna
all’insulsaggine dei caricaturisti.

* * *

VI

Molte donne ospitano negli occhi
dei piccoli musei preistorici:
microcosmi di eventi universali
che fluttuano nell’acquario dell’iride;
animali e vegetali ormai fossili,
ominidi di altre ere;
embrioni di specie future
orbitano intorno alle loro pupille
in un ballo che li trascina via.
La vista dell’inconscio è insostenibile,
si arretra abbassando lo sguardo: è
d’obbligo l’inchino, porgendo
infinite scuse alle signore.

* * *

VII

Se avesse fortuna il sotterfugio
e il mio sguardo intruso fosse
verosimile imitazione d’uno vero,
verrebbe credibilmente scambiato
per quello d’una donna ficcanaso.
I mutevoli occhi femminili
si seducono reciprocamente
ma senza conseguenze visibili;
potrei infiltrarmi nelle loro iridi
e fra scenari di libidine
conquistare molte sorelle,
sorprese, cederebbero al ricatto?

* * *

VIII

Càpita che le donne
si puntino quel congegno
d’arma ultramoderna
e duellino con sguardi lampo.
Tutte le volte che si guardano
mi domando stupidamente
cosa avranno da dirsi
in una lingua inesistente.
Nei gradi della sensibilità maschile
manca quell’investigatore
che sappia smascherare le donne
come sanno fare le loro sorelle.
Io, simile a un ente invisibile
sorveglio le veggenti per spiarne
i prodigi delle molteplici chiavi
a magnetismo ottico, che
disvelano gli occhi femminili
e permettono d’introdurvisi
in incognito come un parassita,
per trafugarvi un inutile sapere
proprio agli allucinogeni.

Valentino Zeichen

da “Museo interiore”, Guanda, Parma, 1987