
Foto di Philip McKay
I suoi addii echeggiano
nella lontana memoria
simili a colpi d’automatica.
Da molti anni agonizzo
senza smettere di morire,
al pari degli immortali,
ma questa è una menzogna
essendo un morto vivente
come nelle più scadenti
pellicole di genere horror.
Anche la qualità del mio dolore
si è fatta scadente.
Valentino Zeichen
da “D’amore e d’altro”, in “Metafisica tascabile”, “Lo Specchio” Mondadori, 1997
Interessante quello che scrive riguardo la perdita e il conseguente dolore.
Con il tempo, l’agonia che si prova derivante da una perdita diventa un modo d’essere,
di vivere e così anche il dolore perde in parte il suo smalto.
Ci si abitua al dolore, si convive quasi e si finisce per non farci tanto caso
tant’è che esso diventa “scadente”.
Fantastica immagine e anche piuttosto verosimile.
Le ragioni che sottostanno a questa trasformazione andrebbero indagate
per capire quanto ci somigliamo nelle modalità che mettiamo in atto per superare il dolore.
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